+ In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti. Amen.
San Paolo ci ammonisce oggi di non parlare della fornicazione, di impurità o di avarizia, né di ciò che è vergognoso, sciocco, o scurrile, ma piuttosto di ringraziare. Dice lui: siamo i figli dilettissimi di Dio e dunque dobbiamo camminare nel Diletto; siamo i figli della luce della quale i frutti sono la bontà, la giustizia e la verità.
Bisogna esaminarci, carissimi fedeli, sulle nostre parole: i giornali e la televisione ci presentano, quasi unicamente, una visione di una realtà tenebrosa, impura, e vergognosa che non è materia degna delle parole, né delle meditazioni di noi cattolici redenti che siamo nel Sangue preziosissimo del Signore. Piuttosto bisogna ringraziare.
Chiediamoci, dunque oggi, che cosa è il ringraziamento, o la gratitudine? La gratitudine è la virtù che inclina l’uomo a riconoscere ed a retribuire i benefici che ha ricevuto da un altro. E’ una virtù necessaria e bellissima, tra l’altro perché promuove la carità e l’umiltà.
Promuove la carità in quanto unisce i cuori di coloro che danno a coloro che ricevono, e promuove l’umiltà in quanto colui che rende grazie, si sottomette al suo benefattore. Per questi motivi è una virtù che i genitori devono istillare con la massima cura nei cuori dei loro figli.
L’oggetto principale, allora, della nostra gratitudine deve essere Dio stesso. Come tale fa parte della virtù della religione che è la virtù di rendere il culto debito a Dio, e si manifesta nella Preghiera.
La nostra Preghiera non deve essere solo petizione ma anche ringraziamento. Non siamo come coloro che chiedono qualche artefatto in un negozio con grande gentilezza, e quando lo ottengono non dicono più niente.
Non siamo come i lebbrosi guariti dal Signore di cui solo uno è tornato per ringraziarLo, ma piuttosto proviamo a far corrispondere la gratitudine alla petizione, in un equilibrio armonioso e perfetto, col cuore amorevole ed umile. Nel sublime nostro Prefazio della Santa Messa sta il dialogo tra Sacerdote e fedeli che, secondo Dom Prosper Guéranger, è “antico quanto la Chiesa e tutto ci fa credere che siano stati gli stessi Apostoli a fissarlo, poiché si incontra nelle Chiese più antiche e in tutte le Liturgie”.
In questo dialogo il Sacerdote dice: “Rendiamo grazie al Signore – Gratias agamus Domino Deo nostro”, i fedeli rispondono: “Dignum et iustum est– è degno e giusto”, il Sacerdote continua si può dire nella persona della Chiesa docente: ” Vere dignum et iustum est, aequum et salutare, nos tibi semper et ubique gratias agere: Domine, sancte Pater, omnipotens aeterne Deus: per Christum Dominum nostrum” (E’ veramente degno e giusto, è nostro dovere e nostra salvezza, renderti grazie sempre e ovunque, o Signore, Padre santo, Dio eterno e onnipotente, mediante il Cristo nostro Signore).
In questo dialogo osserviamo la frase “semper et ubique”, sempre e ovunque: Bisogna ringraziare il Signore dunque, per tutto, per il bene ma anche per il male, perché il male è per il nostro ultimo bene, così come ringraziamo un medico per un trattamento anche se ci fa male temporaneamente.
Se l’oggetto principale della nostra gratitudine e ringraziamento è Dio stesso, la sua forma più alta è la Santa Messa perché, nella Santa Messa, e solo nella santa Messa riconosciamo i benefici di Dio a noi e li retribuiamo in modo adeguato.
Riconosciamo i suoi benefici che sono soprattutto il Sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo + per amore di noi sul monte Calvario, e Glieli retribuiamo con l’offerta di questo stesso Sacrificio a Lui durante i Sacri Misteri. Questa retribuzione è adeguata in quanto offre Nostro Signore Gesù Cristo + in riscambio per nostro Signore Gesù Cristo + : in quanto offre Dio in riscambio per Dio, come prega il Sacerdote nella Santa Messa: “Cosa renderò io al Signore per tutte le cose che ha dato a me? Prenderò il Calice della salvezza e invocherò il nome del Signore”.
Sempre nelle parole di Dom Guéranger leggiamo: “il Sacrificio del Corpo e del Sangue di Cristo è per noi il mezzo privilegiato per ringraziare la Divina Maestà, poiché solo attraverso di Esso possiamo rendere a Dio tutto ciò che Gli dobbiamo”. Il fatto che questo ringraziamento passa attraverso il Signore, viene espresso alla fine del Prefazio con le parole “per Christum Dominum nostrum”.
La Santa Messa, per questi motivi, è un grande atto di ringraziamento a Dio, anzi, l’atto di ringraziamento in assoluto: Perciò la Santa Messa si chiama anche Eucharistiache significa, appunto, ringraziamento.
Il ringraziamento a Dio, però, non è completo senza l’offerta di sé stessi a Dio Padre in unione all’offerta di Dio Figlio. Se nostro Signore si è dato completamente a noi, bisogna che noi ci diamo completamente a Lui. Così nel Santo Sacrificio della Messa, nella Eucharistia, ci uniamo a nostro Signore Gesù Cristo + nell’offertorio, quando il celebrante offre in anticipo il Divino Agnello al Padre; ci uniamo a Lui nella Consacrazione quando quel Divino Agnello viene immolato; e ci diamo a Lui in quella Preghiera che si chiama (in senso stretto) ‘il ringraziamento’ dopo la Santa Messa: ci diamo a Lui come Lui si dona a noi, ossia in modo completo ed intero.
Bisogna ringraziare, dice San Paolo, e questo soprattutto nella Santa Messa, ma anche in tutta la nostra vita in un atteggiamento di riconoscenza per tutti i benefici di Dio e nel desiderio di retribuirli; ma soprattutto con l’offerta a Dio costante di tutto ciò che facciamo, diciamo, e pensiamo, di tutto ciò che siamo, alla gloria della Santissima Trinità. Amen.
+ In nomine Patri, et Filii, et Spiritus Sancti. Amen.
Sia lodato Gesù Cristo.