Sedevacantismo è la posizione che la Sede di Roma in un determinato periodo sia vacante malgrado l’apparenza contraria. Il sedevacantista nel senso pieno del termine non solo adotta questa posizione, ma compie anche un atto in seguito, sottraendosi all’autorità del papa apparente in questione. Questo atto, però, è altamente pericoloso, poiché se il sedevacantista si sbaglia nella sua posizione ed il papa apparente è davvero papa, il suo atto costituisce un atto di scisma, un atto di sottrarsi all’autorità del vero papa, e di mettersi fuori della Chiesa, così che, se non se ne pente, si dannerà.
Di fatti è dogma di Fede che la Santa Madre Chiesa romana sia l’unica arca di salvezza (Concilio Laterenense IV) e per appartenersi ad Essa è necessario sottomettersi al papa (cfr. la prima nota della Chiesa professata nel Credo, ossia l’Unità). La Bolla Unam Sanctam dice chiaramente: ‘Noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo, ed affermiamo che è assolutamente necessario alla salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al romano pontefice’.
Ne consegue che il sedevacantismo si può giustificare solo nel caso di certezza assoluta che la sede di Roma sia vacante: certezza assoluta non nel senso soggettivo, bensì nel senso oggettivo: sulla base di una dimostrazione incontrovertibile del fatto. Chiediamoci dunque se i sedevacantisti si giustifica rispetto a papa Francesco, per i motivi da loro tipicamente addotti: cioè per l’eresia.
Tre sono i fatti che qua si devono dimostrare:
1) Papa Francesco è eretico;
2) Un papa eretico cessa ipso facto di essere papa;
3) La cessazione di essere papa non ha come conseguenza la defezione della Chiesa.
1. Se papa Francesco sia eretico
Nel sito ‘Denzinger-Bergoglio’ si presentano circa 150 dichiarazioni di papa Francesco come contrarie alla dottrina cattolica. Ma tra di loro si può trovare almeno una vera e propria eresia? Il codice di Diritto Canonico constata (can.751): ‘Vien detta eresia l’ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di una qualche verità che si deve credere per Fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di essa.’ La verità in questione è il dogma di Fede; vediamo dunque che l’eresia è niente altro che la negazione ostinata di un dogma, come potrebbe essere ad esempio il dogma che extra Ecclesiam nulla salus. E’ pur vero che papa Francesco sostenga che l’alleanza con gli ebrei sia ‘irrevocabile’, il che implicherebbe secondo il senso prima facie delle parole che ci siano mezzi di salvezza fuori la Chiesa, ma il papa non ha negato questo dogma (o qualsiasi altro) in modo esplicito né in modo ostinato.
2. Se un papa eretico cessa ipso facto di essere papa
Inanzitutto bisogna dire che questa frase non esprime un dogma, ma piuttosto una mera ipotesi teologica. I dottori della Controriforma hanno considerato la questione e risposto ad essa in diversi modi. San Roberto Bellarmino sostiene che un papa non possa cadere in eresia dopo la sua elezione, ma, concesso cada in eresia, ritiene come più probabile che mantenga il suo pontificato che non lo perda. Cardinale Tommaso de Vio Caetano ritiene, invece, che lo perda, ma solo dopo la dichiarazione della sua eresia manifesta ed ostinata da parte dellla gerarchia; dopodiche non sarebbe deposto ipso facto, ma sarebbe da deporre da Cristo Stesso.
Osserviamo che l’argomento più convincente per la perdita ipso facto del pontificato tramite l’eresia avverebbe nel caso in cui un papa provasse a negare in modo infallibile ciò che era già dichiarato in modo infallibile. Chiaramente né lui né qualsiasi altro papa ha provato ad agire in tal modo. Anzi, le constatazioni di papa Francesco si caratterizzano piuttosto della loro fluidità e di una mancanza di formalità e di solennità – in prediche o interviste a braccio in aerei ecc.
3. Se la vacanza della Sede di Roma a causa dell’eresia comporta la defezione della Chiesa
E’ dottrina costante della Fede che la Chiesa è indifettibile, cioè rimarrà in esistenza fino alla fine del mondo: Portae Inferi non praevalebunt. Ma se un papa perde il suo pontificato, non in modo transeunte che va dalla morte (o dalle demissioni) di un papa all’elezione di un altro, la Chiesa rimarebbe senza capo visibile e cesserebbe di esistere.
E’ dottrina costante della Fede ugualmente che Cristo ha fondato la Sua Chiesa su una catena ininterrotta di papi e vescovi, che inizia da San Pietro e continuerà fino alla fine dei tempi (cfr. la quarta nota della Chiesa, ossia l’Apostolicità). Ma se un papa perde il suo pontificato, ci mancherebbe un anello in questa catena, che sarà dunque interrotta. La conseguenza ne sarebbe che la Chiesa, anche alla luce di questa dottrina, non esisterebbe più. La dottrina dell’Apostolicità ha una forza particolare contro la tesi dei sedevacantisti, poiché se hanno ragione loro che la Sede romana sia vacante da alcuni anni, ed anzi, secondo parecchi loro, già dalla morte di papa Giovanni XXIII, ci saranno pochi cardinali o vescovi validi in vita e dunque l’apostolicità della Chiesa mancherebbe anche largamente dentro la gerarchia.
Un determinato gruppo di sedevacantisti suole rispondere con la ‘Tesi di Cassiciacum’, cioè che un papa possa essere papa in due sensi diversi: i) in atto e formalmente (il senso pieno); o ii) in potenza e materialmente (il senso parziale). Papa Pio XII lo sarebbe stato nel primo senso ad esempio, e papa Francesco lo sarebbe nel secondo senso. Essere papa nel secondo senso significa esserlo per alcuni effetti pratici; e per altri effetti pratici, invece, no: significa essere papa come capo visibile della Chiesa ed anello nella catena apostolica per esempio, ma non come posseditore del potere di giurisdizione pieno e supremo su tutta la Chiesa in materia di disciplina e governo.
Questa risposta, però, non è sostenibile, poiché per essere capo visibile della Chiesa, si deve esserlo in senso vero e proprio, che comprende il potere di giurisdizione pieno e supremo su tutta la Chiesa in tutti i modi, assieme a tutte le altre proprietà del Sommo pontefice. Altrimente si è solo capo apparente della Chiesa e non il capo visibile della Chiesa.
Similmente per essere anello nella catena apostolica si deve esserlo in senso vero o proprio: non basta esserlo solo in modo materiale come lo sono i vescovi ortodossi, che non lo sono nel senso richiesto per la successione apostolica, vale a dire nel senso legittimo.
Inoltre rispetto all’anello nella catena apostolica, si può dire con il giornale antimodernista Sì sì no no (15 novembre 2013, cfr. anche 30 settembre 2012) che quando un papa materiale muore senza esser ‘passato in atto’, lui è figuratamente come un ferro dissolto: l’anello non era mai esistito e non pùo più esistere neanche.
Conclusione
Abbiamo detto che il Sedevacantismo è una posizione pericolosa, perché nel senso pieno del termine comprende un atto di distacco da un papa apparente. Se codesta persona è davvero papa, l’atto di distacco costituerà un atto di scisma che mette il soggetto fuori della Chiesa, così che se muore senza pentirsene, si dannerà. Per questo, un sedevacantista deve dimostrare il suo caso incontrovertibilmente prima di staccarsi dal papa apparente.
Rispetto a papa Francesco deve dimostrare tre fatti: che lui sia eretico; che abbia ipso facto perso il pontificato; che ciò non avesse causato la defezione della Chiesa. Lunge di essere una dimostrazione incontrovertibile si rivela in effetti come una tesi del tutto insostenibile. Il primo fatto non ottiene; il secondo gode di nessuna autorità sostanziosa; il terzo non ottiene neanche.
Il Sedevacantismo è una posizione meno logica che psicologica. Si apoggia su constatazioni come: ‘Non posso credere che un vero papa farebbe così!’ Comunque non ci possiamo lasciare condurre dalle emozioni, soprattutto in una materia che tocca la nostra salvezza eterna: bensì piuttosto dalla ragione illuminata dalla Fede. Così riconosceremo papa Francesco come il vero papa, ci sottometteremo a lui, e pregheremo che agirà come papa nel modo che Dio vuole: per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime, anche delle nostre. Amen.