+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.
Nostro Signore Gesù Cristo ci comanda di non giudicare. Facciamo notare innanzitutto che Egli non sta parlando della valutazione oggettiva di situazioni , di fatti, o di comportamenti. Egli ci ha elargito infatti l’intelligenza anche affinché noi possiamo valutare queste cose e agire in modo adatto in conseguenza. Diamo come esempio una dichiarazione di un membro della Gerarchia. Se la troviamo non in conformità alla Fede cattolica, siamo tenuti a rigettarla. Ciò che il Signore proibisce qui è di giudicare individui, come il membro della Gerarchia in questione, o le persone con cui veniamo in contatto.
Tipicamente le critiche derivano dalla superbia. Critico gli altri, ma mi sento al di sopra della critiche io. Come Adamo ed Eva, anche noi abbiamo mangiato dell’albero della conoscenza del bene e del male, e pensiamo, cioè, di conoscere il bene ed il male, anzi di poterlo stabilire, ed in questo modo di essere come Dio: Giudice degli uomini e perfetti in noi stessi.
Questa superbia è particolarmente evidente quando qualcuno mi giudica o fa qualcosa che limiti, secondo il mio modo di vedere, i miei diritti. ‘Guai a lui! Come si permette di giudicare o di non rispettare me? Io sono perfetto’ – mi dico tra me e me – ‘sono come Dio! (ma forse non lo sapeva?)’ La superbia in questi casi è la superbia ferita: la vanità ferita. E più il mio critico ha ragione, più violenta sarà la mia reazione. Su un livello più profondo, infatti, la sua critica mi fa adirare contro me stesso, sapendo che lui abbia ragione (almeno in parte) ma non volendo ammetterlo; volendo apparire perfetto e dunque in dovere di difendere la mia reputazione.
Alla base del giudicare è la negatività. O non abbiamo forse osservato quanto spesso le persone, ed in primo luogo noi, si può dire, parliamo in modo negativo quando ci incontriamo: Queste notizie brutte! Le guerre! La crisi della Chiesa! Questa mia sofferenza! La sofferenza della mia famiglia! E poi le critiche – e quante critiche e quanta negatività! Dopo l’incontro ci salutiamo piuttosto con tristezza, con un senso di contaminazione. Il male è entrato anche nell’ incontro tra amici, che dovrebbe essere occasione di gioia. L’unica persona che ne è contenta è il demonio.
Piuttosto di criticare, bisogna essere umili. Quest’altra persona che son tentato di criticare: forse agiva in malafede, mi devo dire, oppure forse no. Mentre io ho agito o agisco spesso in malafede. Dirò una piccola preghiera per lui. Se qualcuno mi critica, normalmente avrà ragione, almeno in parte. Bisogna esaminarci la coscienza attentamente, e se la critica è giusta, accettarla. ‘Sì, hai ragione, proverò a correggermi’.
L’umiltà porta alla pace dell’anima. Se sono in pace, non ho motivo di essere negativo. Le circostanze della vita sono difficili forse, ma sono come Dio le ha decretate o permesse: farò ciò che posso, Egli farà il resto. Alzerò il cuore a tutto ciò che è vero e buono: che questo sia l’oggetto dei miei pensieri e della mie parole. Piuttosto che di criticare gli altri, mi rallegrerò delle loro virtù come lo farò in Cielo, ricordandomi della parole di san Paolo (Fil 4.8): ‘Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri’.
Nostro Signore Gesù Cristo ci insegna di non giudicare, in un discorso sulla Carità. Pratico la Carità verso il prossimo evitando di giudicarlo. La pratico ugualmente ammonendogli di correggersi: purché il mio motivo sia di aiutarlo a progredire sulla strada della perfezione cristiana, piuttosto che di umiliarlo. ‘Amico mio, aiutami a togliere la pagliuzza del tuo occhio’: sono parole che possono esprimere o un rimprovero ipocrita, oppure la Carità fraterna, conseguenza di un lavoro serio antecedente su me stesso.
Il Signore ci spiega che ciò che diamo sarà ciò che riceveremo: con la misura con cui misuriamo, sarà misurato a noi. Se giudichiamo saremo giudicati; se condanniamo saremo condannati; se trattiamo gli altri con la Carità, saremo trattati anche noi con la Carità.
Sì, la Carità cristiana è infine l’unica regola di condotta della vita quaggiù: per promuovere la pienezza della Vita e dell’Essere per il prossimo come anche per noi; per aprirci all’Essere ed al Bene infiniti di Dio; e per esserne riempiti qua e nel Cielo. Amen.
Sia lodato Gesù Cristo! Sia sempre lodato!