+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.
Se un padre dà al suo figlio un dono preziosissimo, e il figlio consapevolmente e deliberatamente lo distrugge, è obbligato il padre (dopo averlo punito) a dargli un altro dono? No, il padre è giustificato piuttosto di non dargli più niente. Ma cosa ha fatto Dio? Quando l’uomo (nella persona di Adamo e di Eva) aveva distrutto lo stato della natura elevata, cioè lo stato di vita di Grazia, di vita che non conosce ne sofferenza nè morte, dove l’intelligenza e la volontà sono chiare e forti, e dove le emozioni sono completamente sottomesse alla ragione: quando Adamo ed Eva avevano distrutto questi doni del Paradiso terrestre per se stessi e pure per tutto il genere umano in cui nome anche hanno agito, Dio gli ha dato un dono incomparabilmente più grande per redimerli: quello del Proprio Figlio.
Vediamo che la Redenzione è un dono gratuito di Dio: un atto di pura misericordia. Ma non solo la Redenzione stessa, ma anche il suo mezzo ed il suo modo sono atti di pura misericordia. Dio infatti avrebbe potuto redimere il mondo con qualsiasi mezzo o modo, ad esempio tramite un semplice atto di perdono; invece ha voluto redimerlo tramite l’Incarnazione e la Morte del Suo Divino e Benamato Figlio, Nostro Signore Gesù Cristo.
Perchè Dio ha voluto redimere l’uomo precisamente tramite l’Incarnazione? Nel suo trattato Cur Deus Homo? (Perchè Dio Uomo) spiega Sant’Anselmo che l’Incarnazione era necessaria se Dio voleva un’espiazione perfetta del peccato. Il peccato, essendo infatti un’offesa contro Iddio Infinito, costituisce un’offesa infinita a Lui, e dunque esige una riparazione infinita che solo Iddio può dare. Allo stesso tempo la riparazione per un peccato commesso da un uomo dev’essere compiuto da qualcuno che agisce nelle veci dell’uomo, in maniera vicaria: cioè da un uomo. Ma proprio questo è avvenuto nell’ Incarnazione, dove Dio ha compiuto la riparazione del peccato come uomo: ossia come Iddio – Uomo, Gesù Cristo.
Se il mezzo della Redenzione fu un atto di misericordia, lo era pure il suo modo. Poichè il Signore, come insegna la Bolla Unigenitus Dei Filius (1343), avrebbe potuto redimere il genere umano con solo ‘una goccia di sangue’, mentre ha versato il Suo Sangue ‘riccamente, per così dire, in ruscelli’ – come San Paolo dice nella sua Epistola ai romani: ‘Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la Grazia’.
Ma perchè Dio non era contento di versare una goccia di sangue per redimerci, ma voleva versarlo in ruscelli? San Giovanni Crisostomo risponde: ‘Ciò che bastava per la redenzione, non bastava per l’amore’; e San Tommaso d’Aquino aggiunge: ‘Cristo ha offerto a Dio più di ciò che l’espiazione dell’offesa del genere umano ha esigito, in quanto ha sofferto per amore.’
Fu dunque l’amore di Dio che L’ha spinto a soffrire così profondamente per noi; ma non solo il Suo amore: anche il suo desiderio di manifestarci il Suo amore. San Bernardo scrive: ‘Nella vergogna della Passione si manifesta la massima e l’incomparabile Carità’, e San Gregorio Nazianzeno scrive: ‘In nessun altro modo poteva essere dichiarato l’amore di Dio verso di noi’: in una parola, Dio ha manifestato il Suo amore inesprimibilmente grande verso di noi per farci amarLo.
Sant’Alfonso paragona l’uomo ingrato con un criminale in prigione, condannato al supplizio ed alla morte, per cui un amico caro e santo si offre per subire tutta la punizione da lui meritata: per liberarlo dalla prigione e per dargli una vita felice. Cosa farà questo criminale quando è liberato? Penserà spesso al suo amico a cui deve tutto, ci penserà con profondo affetto e gratitudine, le lagrime negli occhi? O invece quando un altro menziona questo atto straordinario della Carità del suo salvatore, risponderà: ‘Amico mio, senta! Parliamo d’altro! Cambiamo tema!’ come se il tema non lo riguardasse, come se questo suo salvatore che gli aveva dato tutto, non fosse mai esistito?’
E quale di queste due persone siamo noi? Pensiamo noi spesso alle indicibili sofferenze di nostro Signore per noi, ci pensiamo con gratitudine, con emozione ed amore? Oppure non ci tocca per nulla, e viviamo come ci sentiamo, provando forse di evitare i peccati più gravi, o forse anche no; seguendo i nostri istinti ed emozioni, cercando i nostri interessi in tutto; mai pregando, o mai seriamente; mai pensando a questo amore, di cui non c’è un più grande amore, questo amore che si è manifestato in una sofferenza che durò una vita intiera dal momento del concepimento di Nostro Amatissimo Signore Gesù Cristo nel Seno Immacolato di Sua Madre verginale, fino al momento del Suo ultimo respiro sul duro legno della Croce quando pronunziò l’ultima parola Consummatum est; una sofferenza che comprende in sé, fino al più alto grado, tutte le sofferenze e tutti gli oltraggi ai quali l’uomo si è mai stato soggetto; una sofferenza, infine, tramite cui ha amato non solo tutto il genere umano collettivamente, ma anche ogni membro di esso individualmente?
+ In Nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen