+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.
Guarda davanti a questo liceo agli allievi che stanno qua oziosi. Ascolta i loro discorsi inutili, volgari ed osceni, le loro risate. Guarda negli occhi quando tacciono, e dimmi cosa vedi là: non è il vuoto, la desolazione, la morte? Guarda invece quest’altro in disparte che non partecipa alle loro conversazioni. Guardane la modestia e mitezza. Negli occhi non c’è una luce? Nel sorriso non c’è la bontà e la pace? – come se conoscesse, possedesse, anzi, come se già vedesse qualcosa o qualcuno più grande di tutto ciò che trascorre davanti, di tutto ciò che c’è in questo mondo finito e passeggero?
L’anima nello stato di Grazia che crede in Dio Santisima Trinità, che ama Lui con la Divina Carità ed il suo prossimo in Lui, brilla di una meravigliosa bellezza che presta poi alla persona intiera. I Padri lo paragono a cera molle nella quale è impressa il sigillo della Divina Somiglianza, o (secondo san Basilio) a quei corpi trasparenti che, ricevendo la luce del sole, ne sono come penetrati, e acquistano e diffondono tutto intorno a loro un incomparabile fulgore. Così l’anima in istato di Grazia, simile ad un globo di cristallo, illuminato dal sole, riceve la Luce Divina, risplende di vivo fulgore, e lo trasmette intorno a sè. Similmente l’immagine che abbiamo già visto del ferro immerso nell’ardente braciere, esprime non solo il modo in cui Dio si unisce all’anima e le presta la propria somiglianza, ma anche la profonda penetrazione di Dio nel più intimo dell’anima, lo splendore, l’ardore, e la pieghevolezza dell’anima alle Divine ispirazioni.
La Grazia è per essenza assolutamente sovrannaturale ed eleva la natura e l’operazione dell’uomo ad un livello a cui non ha nessun diritto, ne facoltà di raggiungere. Quale creatura infatti potrebbe mai pretendere il diritto di divenire figlio adottivo, amico, e tempio di Dio; di conoscere, amare, e possedere Lui nella Sua più intima natura e poi di vederLo faccia a faccia per tutta l’eternità? Scoprire lo Stesso Dio Trinitario nell’anima non è altro che scoprire il tesoro nascosto nel campo. Non è questo possesso il maggior bene di cui possiamo godere quaggiù, per il quale dovremmo essere pronti a sacrificare tutto ciò che abbiamo?
Mai rischiamo di perdere Dio dalla nostra anima tramite il peccato mortale: di perdere l’immagine del Suo sigillo sull’anima, di perdere la luce del Suo sole, il calore del Suo amore; di scambiarli con il vuoto, la desolazione, e la morte. Anzi, non rischiamo pure di offuscare o diminuirli neanche con il peccato veniale o con qualsiasi imperfezione. Santa Teresa d’Avila vedeva in una visione il Signore nell’anima come in uno specchio, e capiva come il peccato oscura quello specchio; in un’altra visione vedeva Lui come ‘un splendidissimo diamante, molto più grande dell’Universo’ e disse ‘Tutto ciò che noi facciamo si riflette in questo diamante, perchè racchiude in sè ogni cosa… mi è di afflizione profonda il pensiero che in quella purissima chiarezza si riflettevono cose tanto abbominevoli come sono i miei peccati’.
Con quale premura bisogna dunque coltivare la Vita Divina in noi: per rendere ogni giorno l’immagine Divina nell’anima più rassomigliante al suo Divin Esemplare; per far splendere la Sua Luce più chiaramente in noi; per farci penetrare più intimamente e profondamente dal fuoco divorante dell Divinità; per farci infine più degni di vivere la vita in Lui: la Verità, la Bontà e la Bellezza Diamantine, Infinite, ed Eterne.
Fare questa opera di perfezionamento e di santificazione su di noi stessi è già nel nostro interesse spirituale, in quanto la nostra eterna Beatitudine corrisponderà ai meriti che avremmo guadagnati così. Ma più di quello dobbiamo a Dio tutti gli sforzi che possiamo fare per tre altri motivi: per giustizia, per divenire templi degni per contenere lo Spirito Santo: ‘Alla Vostra Casa conviene la santità per la lunghezza dei giorni – Domum tuam decet sanctitudo in longitudine dierum‘ (sal.92); per riconoscenza alla Sua infinita generosità verso di noi – essendo il modo migliore per mostrare la gratitudine verso un benefattore l’utilizzare un beneficio per il fine per cui ci è stato concesso. Ma ancor più di quello il nostro motivo deve essere l’amore: perchè ci ha creati e redenti, perchè è morto per noi, e Si è dato a noi sacramentalmente nella santa Eucarestia, e spiritualmente con la Grazia, in modo del tutto gratuito, in anticipo della Sua unione definitiva a noi in Cielo. Amen.